Come ogni attività economica anche il trading online in Italia non sfugge all’imposizione fiscale. Chi opera sui mercati finanziari talvolta ignora che l’attività di compravendita è soggetta a tassazione, finendo nell’illecito senza saperlo. Ma la legge non ammette ignoranza.
L’argomento tasse sul trading online è ancor più delicato se scegli di investire sui mercati attraverso le piattaforme di broker stranieri. Sono più economici degli intermediari italiani, ma in materia di fisco non possono venirti in aiuto (c’è una buona soluzione, però).
Hai deciso di iniziare a fare trading o più in generale di investire online? Esistono delle tasse da pagare. I problemi principali quando si parla di imposte sul trading sono due:
- quante tasse si pagano;
- come si versano le imposte.
Risponderemo a entrambe le domande, andando anche a scoprire come funziona la tassazione negli altri Paesi nel mondo (esistono paradisi fiscali per i trader?) e come pagare meno tasse sul trading online legalmente.
Indice
Tasse sul trading online in Italia

In Italia la disciplina fiscale su trading e investimenti finanziari impone una tassazione sia per le persone giuridiche che fisiche. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), in particolare, stabilisce un’imposta sostitutiva pari al 26% sui profitti da investimento (redditi diversi di natura finanziaria).
Lo Stato, quindi, applica come base imponibile solo le eventuali plusvalenze generate dagli investimenti, che si verificano quando:
- il trader vende uno strumento finanziario a un prezzo più alto di quello di acquisto;
- l’investitore incassa dei dividendi per il possesso di azioni o ETF.
A questo si aggiunge anche l’imposta di bollo sul deposito titoli o sui conti deposito, che vengono però riscosse dagli istituti bancari (hanno poco a che fare con il trading online).
Il calcolo delle tasse avviene una volta l’anno al termine dell’anno fiscale, oppure al momento dell’incasso della plusvalenza se l’intermediario funge da sostituto d’imposta. Vedremo nel dettaglio i due regimi fiscali in vigore per il pagamento delle imposte sul trading online.
Le tasse sul trading si calcolano inoltre solo sul profitto al netto delle perdite, secondo un meccanismo chiamato compensazione delle minusvalenze. Infatti se durante l’anno realizzi 1.000€ di profitto con un investimento e -600€ di perdita con un altro investimento non pagherai le imposte su 1.000€ (il tuo profitto), ma solo su 400€ (profitto-perdite).
In caso di conto in perdita, invece, trader e investitori non sono tenuti a versare alcuna tassa sulla propria attività di borsa.
Le tasse sul trading si applicano sulla maggior parte degli strumenti negoziabili sui mercati, come per esempio:
- azioni e obbligazioni societarie;
- oro, argento e materie prime;
- fondi e ETF;
- CFD e derivati;
- Bitcoin e criptovalute.
Per chi invece acquista Titoli di Stato italiani (BTP) o europei la tassazione è agevolata a un più conveniente 12,5%. Questo incentivo serve a invogliare i risparmiatori a investire i risparmi in strumenti a basso rischio che offrano liquidità alle casse del Paese.
In Italia broker e banche NON sono tenuti a chiederti di pagare una tassa per sbloccare fondi o cose del genere. Gli intermediari italiani procedono in automatico, quelli stranieri non sono autorizzati. Attento a chi ti chiede di versare una somma per ragioni fiscali: potrebbe essere una truffa di trading online.
Tassazione trading nel mondo
Quanto pesa la pressione fiscale sul trading in Italia? Per comprenderlo paragoniamo le aliquote applicate nel nostro Paese a quelle imposte nel resto del mondo.
Cominciamo dall’Europa. Come mostra la grafica de Il Sole 24 Ore, nel vecchio Continente l’Italia si colloca tutto sommato in una posizione intermedia grazie alla sua aliquota flat del 26% anche sui bond societari e l’agevolazione sui Titoli di Stato.

Nel resto del mondo, però, diversi Stati se la passano molto meglio. Quali sono i paesi ideali dove vivere per gli investitori? I trader guardano in particolare a nazioni come:
- Svizzera;
- Emirati Arabi;
- Malta.
Qui le imposte sul trading online, e in particolare sui capital gain (le plusvalenze da investimento) sono molto più vantaggiose, spesso anche pari a zero.
Nella tabella qui in basso puoi dare un’occhiata alle aliquote fiscali sul trading applicate dalle principali nazioni nel mondo. I dati, offerti da Pwc, distinguono tra regime fiscale societario e individuale.
Con CIT si intende il regime fiscale standard per le società (le plusvalenze finanziarie concorrono a formare l’imponibile insieme al fatturato), mentre PIT indica l’imposta sulla persona fisica.
Nazione | Imposta plusvalenze societarie (%) | Imposta plusvalenze individuali (%) |
Albania | 15 | 15 |
Austria | 25 (CIT) | 27.5 |
Bahrein | N / A | N / A |
Barbados | N / A | N / A |
Bielorussia | Residenti 18; non residenti 12 | 13 (PIT) |
Belgio | 25 (eccetto le plusvalenze su azioni a determinate condizioni). | In generale esentati |
Bermuda | N / A | N / A |
Bolivia | 25 (CIT) | N / A |
Bosnia ed Erzegovina | 10 (CIT) | 10 (PIT) |
Brasile | 34 per le persone giuridiche | 22.5 |
Bulgaria | 10 (CIT) | 10 |
Isole Cayman | N / A | N / A |
Cina | 25 (CIT) | 20 |
Costa Rica | 15 | 15 |
Cipro | 20 | 20 |
Repubblica Ceca | 19 (CIT) | 15 (PIT) |
El Salvador | 10 | 10 |
Estonia | N / A | 20 (PIT) |
Fiji | 10 | 10 |
Francia | 33,33 (CIT) | 30 (34 per lavoratori ad alto reddito) |
Germania | Soggette alla normale aliquota dell’imposta sulle società | 26,37 |
Gibilterra | N / A | N / A |
Grecia | 24 (CIT) | 15 |
Guernsey | N / A | N / A |
Honduras | 10 | 10 |
Hong Kong | N / A | N / A |
Ungheria | 9 (CIT) | 15 (PIT) |
Islanda | 20 (CIT) | 22 |
Irlanda | 33 | 33 |
Isola di Man | N / A | N / A |
Italia | 24 (CIT) | 26 o 12,5 (Titoli di Stato) |
Costa d’Avorio | 25 (CIT) | N / A |
Jamaica | N / A | N / A |
Jersey | N / A | N / A |
Kenya | 5 | 5 |
Kuwait | 15 (CIT) | N / A |
Laos | N / A | N / A |
Lettonia | 20 (CIT) | 20 |
Libia | 24 (CIT) | 13 (PIT) |
Lituania | 15 (CIT) | 20 |
Lussemburgo | 24,94 (CIT) | 42 (PIT) |
Macao | Normale aliquota d’imposta complementare | N / A |
Mauritius | N / A | N / A |
Moldavia | 12 (CIT) | 12 (calcolato sul 50% della plusvalenza) |
Marocco | 31 (CIT) | 20 |
Namibia | N / A | N / A |
Paesi Bassi | 25 (CIT). Le plusvalenze sulle partecipazioni qualificate sono esentasse | N / A |
Nuova Zelanda | Tassate come dividendi sulla distribuzione agli azionisti, salvo alcune eccezioni. | N / A |
Norvegia | 22 (CIT) | 22 (PIT) |
Oman | I guadagni sulle vendite di titoli quotati sul mercato di Muscat sono esentasse. Gli utili su trasferimenti di altre attività sono imponibili come reddito ordinario. | N / A |
Polonia | 19 (CIT) | 19 |
Qatar | 10 (CIT) | N / A |
Romania | 16 (CIT) | 10 (PIT) |
Russia | 20 (CIT) | Residenti 13, non residenti 30 |
Saint Lucia | N / A | N / A |
Arabia Saudita | 20 | N / A |
Serbia | 15 | 15 |
Singapore | N / A | N / A |
Slovacchia | 21 (CIT) | 19 |
Slovenia | 19 (CIT) | 27.5 |
Spagna | 25 | Residenti: 23; Non residenti: 19 |
Swaziland | N / A | N / A |
Svizzera | 11,9-21,6 a seconda dell’ubicazione della società in Svizzera. | Beni mobili: esenti; beni immobili: esenti dall’imposta federale e l’aliquota d’imposta cantonale varia da cantone a cantone |
Taiwan | 20 (CIT) | Residenti: 40; Non residenti:18 |
Thailandia | 20 (CIT) | 35 (PIT) |
Trinidad e Tobago | N / A | N / A |
Emirati Arabi Uniti | N / A | N / A |
Come puoi vedere, sono diversi i paradisi fiscali per i trader nel mondo. Paesi come Emirati Arabi, Bahrein, Barbados, Bermuda, Trinidad e Tobago, Saint Lucia, Singapore, Svizzera, Gibilterra, Isole Cayman, Jamaica, Laos e Hong Kong non applicano imposte sul capital gain da investimenti.
Come si pagano le tasse sul trading online?

In Italia esistono due modalità per versare le tasse sui propri investimenti. Lo Stato permette all’investitore di adottare a piacere uno dei seguenti regimi fiscali:
- Regime amministrato;
- Regime dichiarativo.
Analizziamoli singolarmente.
Regime fiscale amministrato
Il regime amministrato è quello più semplice da applicare perché non richiede alcun impegno o quasi al trader. Saranno infatti la banca, il broker o l’intermediario a occuparsi di tutto, svolgendo il ruolo di sostituto d’imposta.
Questo offre vantaggi indiscutibili in termini di risparmio di tempo, denaro (non serve un commercialista) e di eventuali errori di compilazione in sede di dichiarazione dei redditi.
Un regime fiscale amministrativo, però, si può applicare solo con banche, broker o intermediari italiani, come ad esempio:
- Directa;
- Widiba;
- Fineco;
- altre banche per il trading online;
- Poste Italiane;
- Moneyfarm e SIM.
Molti di questi intermediari, specialmente gli istituti bancari, richiedono commissioni piuttosto salate per la negoziazione di azioni e altri strumenti. Spesso, quindi, si preferisce spostare l’attenzione su broker internazionali regolamentati, che però non fanno da sostituto d’imposta.
Un altro problema del regime amministrato è che spesso si rischia di non pagare le tasse effetivamente dovute sui propri profitti di trading, ma di più.
Le imposte, infatti, vengono scalate subito sul profitto e non alla fine dell’anno fiscale. Se per esempio generi un profitto di 50€ e una perdita di 50€ successivamente pagherai subito il 26% sui 50 euro guadagnati anche se successivamente sei tornato in pareggio.
L’intermediario terrà comunque conto di questo avanzo, scalandolo dai tuoi investimenti futuri. In ogni caso dovrai pagare per plusvalenze di fatto non generate.
Regime fiscale dichiarativo
Il regime fiscale dichiarativo invece prevede che sia il trader o l’investitore ad occuparsi di pagare le imposte. La persona, in particolare, deve provvedere a inserire in dichiarazione dei redditi eventuali profitti e perdite registrate durante l’anno fiscale.
Qui c’è il rischio di commettere qualche errore o comunque il problema di dover spendere tempo (e magari denaro) per compilare la dichiarazione dei redditi per il trading.
Il vantaggio, però, è quello di poter pagare le imposte effettive e una volta l’anno, quindi possedere più capitale nell’arco di tempo. Inoltre è possibile investire sui mercati finanziari con broker online esteri più vantaggiosi (eToro o Plus500 per esempio).
Se scegli un broker straniero ricorda che devi comunque dichiarare il tuo conto di trading all’estero in sede di dichiarazione dei redditi, anche in assenza di plusvalenze.
Scegliere il regime dichiarativo per pagare le tasse sul trading online può essere veramente complicato. Inoltre non tutti i commercialisti sono specializzati in materia.
Per ovviare al problema puoi scegliere un broker come DEGIRO, che mette a disposizione già un modello precompilato per pagare le tasse sul trading online, oppure scegliere professionisti come quelli di dichiarativo.com specializzati nell’assistenza ai trader in regime fiscale dichiarativo.
Come non pagare le tasse sul trading

Non vuoi pagare le tasse sul trading? Per prima cosa sappi che non è per nulla semplice. Non puoi evitare le imposte sui profitti finanziari, anche se si tratta di piccole somme. Tuttavia hai due soluzioni percorribili, una estrema e una per mitigare l’impatto fiscale.
La prima e più drastica soluzione per non pagare le imposte sul trading è trasferirsi in uno dei paradisi fiscali per investitori. Dubai, Hong Kong, Nuova Zelanda, Malesia e Singapore sono alcuni degli stati che non applicano tasse sul capital gain.
Intendi trasferirti in Svizzera per non pagare le imposte sul trading? La legge elvetica esula dal pagamento delle imposte sui proventi finanziari solo se non risulti un trader professionista, cioè non presenti almeno due dei seguenti requisiti:
- Conservi i titoli almeno 6 mesi prima di venderli;
- Il volume delle transazioni (acquisto e vendita) non supera 5 volte il valore totale dei tuoi titoli all’inizio di un anno fiscale;
- Le plusvalenze generate dalla negoziazione di titoli non rappresentano giù del 50% del tuo reddito netto;
- Utilizzi i tuoi beni per finanziare l’acquisto di titoli;
- Investi utilizzando derivati.
Verifica di non risultare un trader professionista prima di spostarti in Svizzera per godere dei benefici fiscali.
Il secondo metodo per pagare meno tasse sul trading online consiste nel scegliere il regime fiscale più adatto a te. Se sei abituato a effettuare diverse transazioni all’anno conviene adottare un regime dichiarativo. In questo modo puoi scegliere un broker online straniero (più economico), pagare meno commissioni e compensare il costo del commercialista con i risparmi accumulati durante l’anno.
Se invece hai un capitale ridotto oppure effettui 2-3 operazioni all’anno, allora il regime fiscale amministrato ti permette di non pagare le spese per il commercialista (anche a costo di spendere commissioni un po’ più alte).
Io abito in Belgio e tutti i siti dicono che non ci sono tasse sul capital gain (quindi Forex trading). É vero?