Se sei un investitore in crypto, probabilmente ti sarai chiesto almeno una volta se sia effettivamente il caso di dichiarare i tuoi investimenti in sede di dichiarazione dei redditi. Tenendo conto che la risposta al tuo quesito è positiva, bisogna capire come farlo nel migliore dei modi considerando che la situazione è tutt’altro che chiara.
L’Agenzia delle Entrate ha cercato di fare chiarezza con l’interpello 956-448/2022 provando a fornire qualche dettaglio in più in merito a criptovalute e tasse. Ma è stato sufficiente?
Come detto, le crypto devono essere dichiarate al fisco e molti investitori hanno ritenuto valida una prassi che è stata adottata per gli investimenti all’estero e che prevede la compilazione del quadro RW. Si tratta di un modulo che deve essere consegnato da persone oppure società residenti in Italia per attività patrimoniali e finanziarie presenti in un altro paese.
Vediamo come muoversi al meglio nella dichiarazione dei redditi per chi si occupa di Bitcoin in Italia.
Quadro RW: di cosa stiamo parlando?
Una precisazione importante che è stata fatta da parte dell’Agenzia delle Entrate è che se gli investimenti in criptovalute venissero effettuati tramite una piattaforma italiana, non sarà necessario in alcun modo compilare il quadro RW. Anche in seguito al decreto criptovalute preparato dal MEF nel febbraio scorso.
Si tratta di un dubbio che è nato tra gli investitori in seguito alla risoluzione 72/E/2016, supportata dalla sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-264/14 del 22 ottobre 2015.
Tramite questo intervento, l’ente ha deciso di considerare i Bitcoin al pari delle valute estere. Si tratta di una valutazione che è stata poi confermata dalla circolare 788/E del 2021 che prevede l’applicazione delle “regole che disciplinano in particolare le operazioni in valuta estera”.
Tassazione e sanzioni
Un’altra risoluzione, questa volta del 2016, afferma che le plusvalenze derivanti dall’attività di trading di criptovalute deve essere considerata al pari di redditi diversi di natura finanziaria. Quindi, sarebbero sottoposti ad un’imposta sostitutiva del 26% nel caso in cui l’ammontare fosse superiore alla cifra di 51.645,69 euro per sette giorni lavorativi continui.
Ovviamente, va da sé che la difficoltà del pagare le tasse su criptovalute sta proprio nel calcolo della giacenza media all’interno del wallet. Ciò detto, si tratta di un problema che non sembra essere risolto dato che non c’è armonia tra i provvedimenti che sono stati adottati nel corso degli anni.
Ecco perché, come detto dal presidente della CONSOB Paolo Savona, è sempre più necessaria una regolamentazione delle crypto che sia universale e chiara.
Infine, è importante anche approfondire la questione riguardante le sanzioni. In particolare, dobbiamo tener conto di alcune considerazioni. Nel caso in cui la piattaforma attraverso cui si svolge l’attività di trading facesse affidamento ad una società con sede in un altro paese, l’investitore ha l’obbligo di fornire il quadro RW.
Nel caso in cui quest’ultimo venisse omesso oppure fosse irregolare, la sanzione sarebbe pari ad una percentuale tra il 3% e il 15% del valore degli investimenti non dichiarati. Invece, nel caso in cui la dichiarazione non venisse presentata entro 90 giorni dal termine utile, la sanzione sarà pari a 258 €.
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