L’oro, come noto, è il bene rifugio per eccellenza. Eppure, nelle ultime settimane (se non mesi), grazie anche al poderoso rally delle criptovalute (Bitcoin), gli analisti dei mercati finanziari sembrano abbiano indirizzato i loro consigli su un’altra risorsa per preservare il loro potere d’acquisto in tempi di inflazione.
A fine febbraio, il valore Bitcoin è arrivato a superare il muro dei 50mila dollari, arrivando a toccare quota 57mila dollari. Addirittura, molti tra i più famosi fondi di investimento stanno persino considerando di convertire parte delle loro riserve nella più famosa delle criptomonete.
Tutto questo ci porta alla seguente domanda: siamo finalmente giunti nell’era dell’oro digitale?

L’emergenza Coronavirus e la pandemia da Covid-19 hanno letteralmente gettato il mondo intero in una crisi economica senza precedenti. Tutte le economie mondiali, tranne quella cinese, sono entrate in recessione. L’inflazione, la disoccupazione, debiti e fallimenti sono state le conseguenze di questa crisi economica.
Questa situazione di incertezza dal punto di vista finanziario, ha avuto effetti negativi anche sulle valute che si sono deprezzate con l’incedere della crisi sanitaria. Ciò ha spinto le famiglie a cercare un rifugio sicuro per ovviare a questa situazione.
L’acquisto di criptovalute ha rappresentato una delle soluzioni al deprezzamento delle valute legali. Ad ottobre, il Bitcoin è diventato la sesta valuta al mondo in termini di capitalizzazione. Un dato assai significativo per un asset fondato nel 2008. Oggi, il la criptomoneta più famosa ha una capitalizzazione di oltre 1000 miliardi di dollari.
Nonostante, nel frattempo, siano intervenuti i governi di tutto il mondo con misure ad hoc per frenare la recessione, la corsa del Bitcoin non si è fermata. Anzi. Tutto questo ha ulteriormente rafforzato la posizione della valuta digitale. Due le ragioni che meglio spiegano questa tendenza a favore del Bitcoin: tassi di interesse in calo e inflazione.
Chi sono i personaggi che hanno puntato sul Bitcoin?
L’imprenditore americano Michael J. Saylor (CEO di MicroStrategy) in una recente intervista ha detto di aver scelto il Bitcoin per scongiurare l’inflazione monetaria.
Ancora. Il recente investimento da 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin operato dalla Tesla di Elon Musk ha segnato una linea di demarcazione tra il vecchio modo di operare investimenti ed il passaggio alle riserve di valuta digitale.
Altre grandi aziende desiderano continuare su questa linea. Secondo un sondaggio condotto dalla Gartner tra 77 CFO, il 5% di loro ha già in programma di investire in Bitcoin nel 2021. Apple Pay e Google stanno già pensando di accettare le criptovalute per i rispettivi metodi di pagamento.
Ancora prima di Tesla, MicroStrategy aveva già investito 250 milioni di dollari delle sue riserve in Bitcoin. Pochi giorni fa, invece, la società tedesca Synbiotic ha seguito le orme di Tesla e MicroStrategy: di fronte alla minaccia di deprezzamento che grava sull’euro, il sodalizio della Germania ha chiarito che sarebbe stato abbastanza appropriato investire in attività in grado di compensare l’effetto deprezzamento dell’euro.
Quanto dureranno le riserve di Bitcoin?
Stando a quanto calcolato, ad oggi non dovrebbero esserci più di 21 milioni di Bitcoin disponibili sul mercato. Già 18 milioni di Bitcoin sarebbero stati “estratti” (o “minati”). Gli altri 3 milioni sono una merce rara poiché il Bitcoin è molto richiesto. Questa scarsità aumenterà meccanicamente il prezzo del Bitcoin, così da svolgere nel futuro (prossimo?) sempre meglio il ruolo di riserva di valore.
Va notato che circa il 20% non può più essere recuperato a causa di password dimenticate. Ultimamente, un uomo ha perso 250 milioni di dollari solo perché non ricordava la password del suo portafoglio elettronico. Ingiusto o meno, il protocollo di sicurezza dei Bitcoin non gli consentirà di recuperare i suoi token.
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