Il prezzo dell’oro torna sotto la soglia psicologica del 2.000$ e viene scambiato a 1.988$ l’oncia durante la giornata di oggi, 12 dicembre. Si tratta di un importante movimento che rispecchia l’attuale complessità del quadro macroeconomico generale.
I mercati attendono con trepidazione l’inevitabile, anche se non ancora annunciato, taglio dei tassi da parte della Fed. La banca centrale degli Stati Uniti potrebbe decidere di intervenire sulla politica monetaria abbassando i tassi di interesse nel corso del 2024.
Nel frattempo, in vista di una possibile svalutazione del dollaro, la domanda per i beni rifugio come l’oro aumenta di conseguenza, interessando tutti gli investitori propensi a fare trading sull’oro.
Attualmente, e dopo aver raggiunto un notevole risultato la scorsa settimana, l’oro sta cercando di recuperare il terreno perso.
Il quadro attuale mette il prezzo dell’oro di fronte a un bivio
Il prezzo dell’oro non cresceva fino ai livelli attuali da oltre 3 anni, quando aveva toccato il prezzo massimo di 2.075 nel 2020.
L’all time high registrato lo scorso lunedì ha innescato una forte vendita e il prezzo adesso si attesta intorno a 1.988$ l’oncia. Il prezzo ha abbandonato così la soglia psicologica dei 2.000$ iniziando un ritracciamento che potrebbe innescare una violenta spirale ribassista.

Adesso gli operatori tengono d’occhio alcuni livelli chiave, in particolare potrebbero testare la zona compresa tra 1.980$ e 1.975$. Un calo al di sotto di questo livello potrebbe determinare ulteriori perdite e il test della resistenza intorno a 1.940$.
Gli indicatori chiave descrivono una situazione complessa. Infatti l’RSI è uscito dal territorio di ipercomprato e il freno della domanda potrebbe determinare ulteriori ribassi.
Forte oscillazione del prezzo dell’oro in risposta agli stimoli del mercato
Il mercato è sensibile alle notizie e gli eventi sul piano macro che possono influenzare i prezzi, in particolare quello dei beni rifugio come l’oro. Anche Bitcoin, che per definizione è considerato l’oro digitale, all’inizio della scorsa settimana ha registrato un violento apprezzamento sopra i 41.000$ testando livelli inesplorati da Aprile 2022.
Lunedì scorso, il 4 dicembre, il prezzo dell’oro ha registrato un importante risultato toccando il record massimo di 2.111$. Da allora, il prezzo ha iniziato a scendere e subire la forte pressione della vendita e del profit take da parte degli operatori interessati a sfruttare il repentino incremento del prezzo.
Nei due giorni successivi la svalutazione del prezzo ha bruciato 629 miliardi di dollari di market cap raggiunto toccando il livello massimo di capitalizzazione oltre la soglia dei 2.000$.
Adesso il prezzo ha perso aderenza al livello psicologico di 2.000$ e lotta per mantenersi al di sopra delle potenziali resistenze che potrebbero innescare un calo precipitoso verso 1.910$. In questo quadro è importante considerare alcuni fattori chiave.
Il ruolo delle banche centrali nel mercato aureo
La fine dell’anno storicamente coincide con l’accesso al mercato dell’oro da parte di alcune banche centrali. Un esempio è la Banca Centrale Olandese che già a novembre aveva annunciato di voler ampliare le proprie riserve auree entro la fine dell’anno.
Ma non sono solo questi ingressi programmati a suscitare l’interesse degli analisti. Le decisioni di politica monetaria USA determinano lo scenario economico che si delineerà da qui a qualche mese. Per questo motivo parecchia attenzione è rivolta anche alle previsioni elaborate dalle principali banche di investimento che stimano come potrebbe comportarsi Jerome Powell in vista di una progressiva o netta politica di abbattimento dei tassi.
Si ritiene che l’incertezza riguardo i risultati delle presidenziali USA nel 2024 possano agire da freno nelle decisioni di politica monetaria statunitense per la quale potrebbe prolungarsi il periodo di stabilità dei tassi di interesse.
Al di là delle speculazioni sulle tempistiche e le modalità con cui i tassi torneranno a salire, restano alcuni elementi fondanti che gli investitori stanno prendendo in considerazione nella corsa all’acquisto dei beni rifugio.
Il rendimento dei titoli del tesoro delle principali economie mondiali è in calo e per molti non rappresenta un adeguato strumento di tutela del valore del capitale.
Inoltre, le principali economie si stanno confrontando con lo spauracchio della recessione. Negli Stati Uniti le previsioni sulle scelte della Fed riguardano le prospettive hard landing, soft landing o, drammaticamente, recessione che potrebbero presentarsi nei prossimi mesi.
In pratica, manca accordo su quanto intenso sarà il freno all’economia Americana, dopo la fase ampiamente espansiva registrata dalle azioni americane durante la pandemia.
Anche per le azioni Europee si teme una forte recessione, in particolare sotto l’occhio degli analisti c’è l’economia tedesca che potrebbe subire presto una forte battuta d’arresto.
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